La verità sul kefir commerciale e la differenza con quello naturale: cosa c'è da sapere
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Recentemente, GreenMe ha pubblicato un'articolo - QUI IL LINK - che parlava di un un'inchiesta Francese che ha gettato luce sulle modalità di produzione del kefir che troviamo nei supermercati, sollevando interrogativi importanti sulla differenza tra questi prodotti e il kefir autoprodotto o realizzato con fermentazione naturale. Per chi come noi di TIBI si dedica alla produzione di bevande al kefir d’acqua seguendo processi naturali, è fondamentale approfondire il tema e offrire ai consumatori gli strumenti per fare scelte consapevoli.
Come viene prodotto il kefir commerciale?
Il kefir in commercio, sia di latte che di acqua, spesso non viene realizzato con una fermentazione naturale partendo dai granuli di kefir. In molti casi, le aziende alimentari analizzano la composizione microbiologica del kefir originale, identificando i ceppi di batteri e lieviti più presenti. Successivamente, questi ceppi vengono inoculati in modo controllato per riprodurre un prodotto con caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche simili al kefir tradizionale.
Questa metodologia permette di standardizzare il prodotto e garantire una costanza nella produzione su larga scala. Tuttavia, il risultato è un kefir meno complesso dal punto di vista microbiologico e nutrizionale rispetto a quello fermentato naturalmente.
La ricchezza del kefir fermentato naturalmente
Il kefir prodotto con una fermentazione naturale partendo dai granuli di kefir contiene una varietà molto più ampia di ceppi di batteri e lieviti. Durante la fermentazione, questi ceppi si formano spontaneamente, creando un ecosistema microbico ricco e complesso. Questo processo contribuisce non solo a un gusto più autentico, ma anche a un profilo nutrizionale superiore. Oltre ai probiotici, infatti, un kefir naturale può contenere micronutrienti, enzimi e composti bioattivi che si sviluppano durante la fermentazione.
L’impatto della pastorizzazione e microfiltrazione
Un altro elemento cruciale è il trattamento del prodotto finito. Molti kefir commerciali vengono pastorizzati o microfiltrati per prolungarne la durata e garantire la sicurezza alimentare. Tuttavia, questi processi distruggono gran parte dei microrganismi vivi e attivi, riducendo significativamente le proprietà probiotiche e nutrizionali del prodotto.
Una questione di etichettatura e trasparenza
In Italia, purtroppo, manca una normativa chiara sull’etichettatura di kefir, kombucha e altri prodotti fermentati. Non è obbligatorio specificare se un prodotto sia stato realizzato con fermentazione naturale o mediante inoculazione di ceppi selezionati, né indicare se sia stato pastorizzato o microfiltrato. Questo rappresenta una grande lacuna, soprattutto considerando che il mercato di questi prodotti è in forte crescita e molti consumatori li acquistano per i loro potenziali benefici per la salute.
Negli Stati Uniti, dove in mercato della kombucha è ormai presente da qualche anno, hanno fondato un'associazione che tutela i produttori: Kombucha Brewers International (KBI). Si tratta di un'organizzazione no-profit che rappresenta oltre 300 produttori di kombucha a livello globale. KBI si impegna a promuovere e proteggere l'industria del kombucha attraverso l'adozione di standard di qualità e trasparenza.
Uno degli strumenti principali sviluppati da KBI è il Code of Practice, un insieme di linee guida che stabiliscono standard per la produzione, l'etichettatura e la comunicazione delle caratteristiche del kombucha. Questo codice include dettagli su metodi di fermentazione, ingredienti accettabili, contenuto di zucchero e alcol, e indica se il prodotto è pastorizzato o crudo. Inoltre, KBI sta sviluppando un sistema di certificazione per autenticare i prodotti come veri kombucha fermentati, rafforzando la fiducia dei consumatori nei confronti del prodotto.
Negli Stati Uniti, ad esempio, è stata introdotta una regolamentazione specifica per l’etichettatura della kombucha, che distingue chiaramente i prodotti autenticamente fermentati da quelli trattati. Una normativa simile in Italia sarebbe fondamentale per tutelare i consumatori e incentivare una maggiore trasparenza nel settore, per ogni prodotto fermentato.
Educare il consumatore senza screditare i produttori
Una linea guida chiara sull’etichettatura non ha l’obiettivo di screditare le aziende che pastorizzano o non producono i loro prodotti in modo originale e artigianale, ma piuttosto di rendere i consumatori consapevoli del tipo di prodotto che stanno acquistando. È importante riconoscere che esistono ragioni valide che spingono molti produttori a utilizzare processi industriali, tra cui motivazioni logistiche e di costi.
Ad esempio, un kefir d’acqua non raffinato richiede una catena del freddo rigorosa per garantirne la conservazione, un aspetto che può risultare complesso e costoso nella grande distribuzione. Inoltre, la produzione con fermentazione naturale implica l’utilizzo di macchinari specifici, come tank e celle a temperature controllate, oltre a tempistiche di fermentazione più lunghe. Tutti questi fattori aumentano significativamente i costi di produzione.
Educare i consumatori significa anche far comprendere che un prodotto a fermentazione naturale può avere un costo più elevato, giustificato dalla complessità e dall’autenticità del processo produttivo. Scegliere un prodotto del genere è un investimento in qualità, autenticità e benefici per la salute.
Optare per un kefir fermentato naturalmente significa scegliere un prodotto autentico, ricco di vita e di benefici. Noi di TIBI ci impegniamo a produrre bevande al kefir d’acqua partendo dai granuli, rispettando il processo di fermentazione naturale e preservando la complessità e la ricchezza del prodotto. Crediamo che il gusto autentico e i benefici di un prodotto non pastorizzato siano il miglior modo per valorizzare la tradizione e offrire un’esperienza genuina.
In un momento in cui il mercato dei prodotti fermentati è in rapida espansione, è fondamentale promuovere una cultura della consapevolezza.
Un appello all’industria: verso linee guida condivise
Invece di concludere con una semplice preferenza per i prodotti naturali, vogliamo rivolgere un appello ai produttori, grandi e piccoli, affinché si uniscano per definire insieme delle linee guida condivise per la produzione e l’etichettatura dei prodotti fermentati. L'obiettivo non è creare una divisione tra produttori artigianali e industriali, ma garantire maggiore trasparenza e fiducia per i consumatori.
Proponiamo di avviare una collaborazione che porti alla creazione di un’associazione italiana dedicata ai prodotti fermentati, sul modello di organizzazioni come la Kombucha Brewers International. Questa associazione potrebbe stabilire standard chiari per distinguere i prodotti fermentati naturalmente da quelli pastorizzati o trattati, educando il pubblico sulle differenze e valorizzando le diverse scelte produttive.
Solo attraverso un dialogo aperto e costruttivo tra i produttori sarà possibile costruire un mercato più trasparente, dove ogni consumatore possa scegliere in modo consapevole il prodotto che meglio risponde alle proprie esigenze e valori. Noi di TIBI siamo pronti a fare la nostra parte per sostenere questa iniziativa e invitare altri produttori a unirsi a questo percorso.